Nel 1998 una direttiva dell’Unione Europea prevedeva di controllare la quantità di piombo nella acque potabili e conseguentemente di ridurla per evitare rischi alla popolazione (da 25 microgrammi agli attuali 10 microgrammi per litro). Questo monito dell’Unione Europea è diventata in Italia un decreto legislativo nel 2001. Visti i costi di messa a norma degli impianti si concordò un periodo di transizione, periodo che si è concluso nelle ultime settimane di dicembre del 2013.
Il problema di gestire i limiti di piombo nell’acqua potabile non è un affare semplice, soprattutto perché i primi a pagare le conseguenze della presenza di piombo nelle acque potabili sono proprio i cittadini, gli stessi che hanno il dovere di rimettere a norma gli impianti, con un enorme costo per tutta la collettività. Purtroppo i problemi causati alla salute dalla presenza di questo metallo nella acque potabili sono molto gravi, soprattutto per i bambini che rischiano ritardi nello sviluppo neurologico e fisico, dentale e in caso di donne in gravidanza c’è anche un reale rischio di aborto.
Uno strumento utile per essere sempre informati ed essere in grado di affrontare ogni situazione è la “Nota informativa sulla potenziale contaminazione da piombo delle acque”. Questa nota è fornita dall’Istituto superiore di sanità, anche se i dati forniti non sono del tutto aggiornati. Proprio per questa ragione un cittadino che vuole conoscere i reali livelli di piombo nell’acqua dovrà premurarsi di eseguire l’analisi dell’acqua del rubinetto di casa e, nel caso in cui i valori siano superiori a quanto previsto eseguire i lavori necessari (solitamente cambiare le tubature) per farli rientrare nella normativa.
Tra tanti dettagli che possono spaventare ci sono anche notizie rassicuranti, infatti l’Istituto superiore della sanità rassicura sul fatto che i gestori del servizio idrico conoscono bene la problematica, per questo mantengono la presenza di piombo nelle acque potabili al di sotto dei 10 microgrammi.